venerdì 11 novembre 2011

Per capire gli sguardi, per l'impossibilità di ripudiare un'identità nazionale.

Cara Italia mia. Sei sempre tu, sempre così innocentemente viscida nei tuoi porchi giochi, così capace di nascondere l'evidenza, di trasformare la realtà. E di avere progetti e ideali così al di fuori delle regole del gioco. E io mi meraviglio di essere derisa, presa in giro, compiaciuta come Italiana in soggiorno in Slovenia. 

Tratto dal libro Italiani brava gente, di Angelo Del Boca: 
Nei soli Balcani erano presenti 650000 soldati, suddivisi in dieci corpi d'armata, mediocremente equipaggiati. 
Il ministro della cultura popolare, Alessandro Pavolini, nel suo consueto rapporto ai giornalisti, suggeriva il 2 maggio del 1941 di trattare con molto riguardo l'annessione all'Italia di Ljubljana: 
" Essa diventerà una Provincia nostra, provvista di una larga autonomia. Bisogna quindi da una parte rendere una giusta soddisfazione agli sloveni per quello che è il loro orgoglio provinciale e nazionale in un certo senso, e dall'altra parte far capire l'importanza di questa città, il grado di civilità che ha raggiunto"

Più di 50,000 sloveni o persero la vita o subirono gravissime offese da parte delle truppe di occupazione, nell'arco di appena due anni. 

Nella provincia di Lubiana, più che un'italianizzazione forzata, si è tentata un'operazione di autentica bonifica etnica, non soltanto confermata dall'altissimo numero degli uccisi e dei deportati, e dalle stesse dichiarazioni di alcuni degli alti ufficiali (generale Robotti: "Si ammazza troppo poco", maggiore Agueci: "Gli Sloveni dovrebbero essere amazzati tutti come cani e senza alcuna pietà") ma da una circolare n.3c, del primmo marzo 1942, a firma del generale Mario Roatta. Questa circolare, che stabiliva le modalità di contrastare e liquidare i ribelli in Slovenia e in Dalmazia, non soltanto ordinava il "ripudio delle qualità negative compendiate nella frase "bono italiano", ma contemplava l'incendio di case e di interi villaggi, la fucilazione degli ostaggi, la deportazione dei civili sospetti. Al punto IV, inoltre, stabiliva che "il trattamento da fare ai ribelli non deve essere sintetizzato dalla formula"dente per dente", ma bensi da quella "testa per dente" ". 

L'incitamento all'odio e al disprezzo-fra i soldati delle truppe di occupazione era molto diffusa la convinzione che le popolazioni slave fossero barbare e subumane- finiva per spingere gli italiani a svelare i loro più bassi istinti.

Il generale Robotti aveva manifestato molto ciaramente le proprie intenzioni ai suoi ufficiali: "A qualunque costo deve essere ristabilito il dominio e il prestigio italiano, anche se dovessero sparire tutti gli Sloveni e distrutta la Slovenia". 

La deportazione degli sloveni dalla provincia di Lubiana cominciava del giugno 1942. Secondo fonti slovene, interessò non meno di 35.000 persone, circa il 10 per cento della popolazione della provincia, e sarebbe continuata se l'armistizio dell'8 settembre 1943 non avesse mutato radicalmente la situazione dei Balcani. 

Nei lager italiani "Le persone morivano letteralmente nel fango e nella propria sporcizia[...], Queste condizioni indicavano chiaramente la volontà di pulizia etnica nella provincia di Lubiana". Il tasso di mortalità ad Arbe era del 19 per cento, ossia da campo di sterminio, e superava persino quello registrato nel lager nazista di Buchenwald, che era del 15 per sento. Le vittime, alle quali è stato possibilie attribuire un nome, sono 1495, ma fonti slovene fanno ammontare i morti a 3500, e altre a 4500. 

Processi e provvedimenti: 
Tutti quelli che si erano macchati dei peggiori delitti non soltanto furono consegnati alle nazioni che intendevano portarli in giudizio, ma non furono neanche processati in patria, nonostante l'evidenza delle loro colpe. 
[...]- L'Italia, per almeno tre anni, non rispondeva alle ripetutte richieste e pressioni, adottando un'ambigua strategia tesa soltanto a prendere tempo. Ma non basta. Nel 1946 il presidente del Consiglio De Gasperi annunciava la costituzione di una commissione di inchiesta presso il Ministero per la Guerra, presieduta prima da Alessandro Casati, poi a Luigi Gasparri, i cui lavori lentissimi si concludevano nel 1949. Ma, pur essendo stati definiti dalla Procura militare 39 presunti criminali di guerra, i processi non ebbero mai luogo. 
!!!!!! Non soltanto Roma di rifiutava di consegnare a Belgrado i personaggi sulla cui colpevolezza non esistevano dubbi, ma , in qualche caso, li aveva addirittura promossi, e se ne serviva ai più alti livelli. 

Cara Italia mia. Sei sempre tu, sempre così innocentemente viscida nei tuoi porchi giochi, così capace di nascondere l'evidenza, di trasformare la relatà. 
E io mi meraviglio di essere derisa, presa in giro, compiaciuta come Italiana in soggiorni in Slovenia. 

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