mercoledì 19 ottobre 2011

NON SIAMO SOGNATORI - Slavoj Žižek



 


Non siate narcisiti e non innamoratevi dei bei momenti che stiamo passando qui. Le feste costano poco, la vera prova del loro valore sta in quello che resta il giorno dopo. Innamoratevi del lavoro duro e paziente; siamo l'inizio, non la fine. Il nostro messaggio di fondo è: il tabù è stato violato, non viviamo nel migliore dei mondi possibili, siamo autorizzati e addirittura costretti a pensare a possibili alternative, La strada davanti a noi è lunga e presto dovremo affrontare le questioni più difficili: non ciò che non vogliamo, ma quello che vogliamo davvero. Quale organizzazione sociale può sostituire il capitalismo? Come dovranno essere i nuovi leader? Le alternative del ventesimo secolo non hanno funzionato.

Non prendetevela con ii comportamenti delle persone; il problema non sono la corruzione e l'avidità, il problema è il sistema che spinge le persone a essere corrotte. La soluzione è cambiare un sistema in cui la vita delle persone comuni non può funzionare senza Wall Street. Attenti non solo ai nemici, ma anche ai falsi amici che fingono di sostenerci na sono già ala lavoro per indebolire la nostra protesta. Un po' come il caffé senza caffeina, la birra senza alcol, il gelato senza grassi: cercheranno di trasformarci in un'innocua protesta morale.

Ma la ragione per cui siamo qui è che non ne possiamo più di un mondo in cui per sentirci buoni basta riciclare le lattine di coca Cola, dare un paio di dollari in beneficenza o comprare un cappuccino da Starbucks destinando all'1% al terzo mondo, Dopo aver esternalizzato il lavoro e la tortura, dopo che le agenzie matrimoniali hanno cominciato a esternalizzare perfino i nostri incontri sentimentali, ci rendiamo conto che per troppo tempo abbiamo pemesso si esternalizzare anche il nostro impegno politico. E vogliamo riprendercelo.

[...]Noi non siamo comunisti, se il comunismo è il sistema crollato nel 1990: e ricordate che i comunisti ancora al potere oggi dirigono il sistema capitalistico più spietato (in Cina). Se siamo comunisti lo siamo solo nel senso che abbiamo a cuore le risorse comuni - quelle della natura e della conoscenza - minacciate dal sistema. Vi diranno che state sognando, ma i sognatori credono che le cose possano andare avanti all'infinito così come sono, e si accontentano di qualche ritocco. Noi non siamo sognatori, siamo il risveglio da un sogno che si sta trasformando in un incubo.
Conosciamo tutti la scenetta del cartoni animati; il gatto raggiunge il precipizio ma continua a camminare, come se avesse ancora la terra sotto i piedi. Comincia a cadere solo quando guarda in basso e si accorge dell'abisso. Noi ci limitiamo a ricordare ai potenti che devono guardare in basso.




Ma il cambiamento è possibile? Oggi il possibile e l'impossibile sono distribuiti in modo strano. Nel campo delle libertà personali, della scienza e della tecnologia, l'impossibile diventa senpre più possibile (o almeno così dicono): possiamo godere del sesso nelle sue forme più perverse, possiamo caricare interi archivi di musica e film, possiamo viaggiare nello spazio, possiano aumentare le nostre capacità fisiche e psichiche intervenendo sul genoma, fino al sogno di ottenere l'immortalità trasformando la nostra identità in un software.
Nel campo delle relazioni sociali ed economiche, invece, siamo continuamente bombardati da un "non potete". Non potete compiere atti politici collettivi (perché inevitabilmente finiscono nel terrore totalitario), non potete restare aggrappati al vecchio stato sociale (perché fa perdere competitività e provoca la crisi economica), non potete isolarvi dal mercato globale. Forse è arrivato il momento di invertire le coordinate di ciò che è possibile e impossibile. [...]

Il discorso è stato pronunciato dal filosofo con la pratica del mic check e ripetuto coralmente dai manifestanti di Occupy Wall Street a Liberty Plaza, New York, il 10 settembre 2011, http://youtu.be/eu9BWlcRwPQ .

Il testo integrale è pubblicato da "Verso Books", Gran Bretagna:

http://www.versobooks.com/blogs/736-slavoj-zizek-at-occupy-wall-street-we-are-not-dreamers-we-are-the-awakening-from-a-dream-which-is-turning-into-a-nightmare- .

In italiano, tradotto da Giuseppina Cavallo, su "Internazionale" n. 919.


Sul movimento Occupy Wall Street e sul mic check ha scritto Claudia Bernardi: http://www.alfabeta2.it/2011/10/12/occupy-wall-street-occupy-usa/ .

Slavoj Žižek, filosofo. La sua pubblicazione italiana più recente è Vivere alla fine dei tempi (Ponte alle Grazie, Milano 2011).

martedì 18 ottobre 2011

Do You Suffer From Decision Fatigue?




martedì 4 ottobre 2011

es muss sein!

Milan Kundera mi legge nel pensiero, convincendomi davvero che probabilmente tutto non è che un puzzle già pensato e dove sovrana l' es muss sein! (deve essere!). Già il semplice fatto di scegliere di leggere un libro che affronta i principali dubbi del proprio presente, lo prendo come un segno... parlando cosi "La vita umana si svolge una sola volta e quindi noi non potremo mai appurare quale nostra decisione sia stata buona, quale cattiva, perchè in una data situazione possiamo decidere una volta soltanto .Non viene data una seconda,  terza, quarta vita per poter confrontare diverse decisioni".
e ancora "La gente di solito si rifugia nel futuro per sfuggire alle proprie soffereze. Traccia una linea immaginaria sulla traiettoria del tempo, al di là della quale le sue sofferenze di oggi cessano di esistere".
Presente, futuro. Decisioni, scelte, destino e fiducia.
Sono sempre mese in discussione e sempre in imbilico.
Due giorni f mi aggiravo per ljubljana, la ammiravo e ne sorridevo, ricordando momenti passati, osservando i turisti giapponesi, che filmano ogni loro singolo passo, gli sloveni contastemente in bicicletta, donne su tacchi vertiginosi, con tailleurs stretti, schiena dritta, passo deciso. In questa città capita persino di mettersi in coda al semaforo dietro una fila di bici, capita di non incrociare nessuno per il centro di sabato sera, anche con 20 gradi, ma poi non riuscire ad attraversare la piazza principale il lunedi primo giorno di lezione, per la presenza di stand informativi, birre per terra e palchi sparsi con diversi concerti e studenti presi bene.
Comunque, camminando per questa capitale a misura d'uomo, con un clima estivo in ottobre, con progetti nella testa, con il sollievo misto a agitazione per aver appena firmato un contratto da stagista e insegnante di italiano all'Istituto Italiano di Cultura... mi siedo du un gradino sotto una statua... e poco vicino a me si siede anche un ragazzo con la maglia a righe, arancione e nera.
Lo guardo, e inizio seriamente a credere di conoscere quel ragazzo. Mi viene tipo una scossa i brividi per il corpo, come quando si sa di dover far qualcosa, di essere davanti ad un caso pazzesco che non può essere tralasciato, ma che nello stesso tempo si è frenati dal timore di sbagliarci, di farci una figura di merda tentando l'approccio. Cosi mi dico che provenendo da un mese in terra cuneese, dove oltre al viso si potrebbe dire persino che auto corrisponde alle persone di cui si sente parlare, perchè tutti conoscono e sanno tutto di tutti, mi convinco che è una delle solite visioni che si hanno quando si cambia posto, ma si cercano comunque visi noti in mezzo alla folla. Almeno a me capita così molto sovente.
Invece li si alza, e dice il mio nome guardandomi.
Non è una storia così eccitante, lo so. e neanche ha un lungo finale, semplicemente ci riconsociamo entrambi, ci salutiamo meravigliati di come due persone conosciutesi 4 anni fa durante uno scambio in Kosovo, si riescano a rincontrare in una città piccola e rara come Ljubljana, scelta da entrambi per studiare.
E da lì, il Muss es sein? si fa insistente, mni fa sentire in un ridimensionato Truman show.
Quindi si, potrei aver preso una seconda, terza, quarta via per vivermi questi mesi. In altri posti, con altra gente, clima, entusiasmo. Ma sono qui, in Slovenia,e dato che non potrò mai sapere come sarebbe stato altrimenti, mi immergo in ciò che diventa ora il mio immediato.

domenica 2 ottobre 2011

erasmus docet

è la prima volta da ormai 4 anni che non torno nella stessa città dell'anno precedente. 
e ora eccomi qui, a ljubljana, di nuovo. 

ed è strano, davvero strano. 

tornare negli stessi locali, vivere nello stesso campus, percorrere le stesse strade. ma la cosa piu strana è il fatto che non ci sono più le stesse persone che facevano parte della mia vita negli scorsi mesi passati qui. 
voilà il concetto di erasmus, cioè di momento passeggero, di una parentesi della propria vita dove ci si ritrova appartenere ad un luogo, ad una compagnia, ad una filosofia.. .che poi è difficile da mantenere una volta tornati. 
quello che la segue può essere una depressione interna inspiegabile esternamente, oppure imperterriti tentativi di prolungarne gli effetti, continuando esperienze all'estero. 
io ho scelto la seconda alternativa, ma mi ritrovo tutt'ad un tratto confusa. 
nessuna altra esperienza successiva può essere paragonata all'anno di erasmus, alla prima volta, all'estasi della scoperta conitnua, allo scoprire di poter scoprirsi. sempre di più. 
non che non lo abbia continuato a fare dopo, ma capire di poterlo fare, è un passo insostituibile e imparagonabile. 
ora che molti amici sono partiti a loro volta per la prima esperienza erasmus, non posso far altro che ascoltare i loro racconti e paragonarli a ciò che ho vissuto io, alle mie prime volte, che sono simili alle loro. 
tutto ad un tratto mi sento "vecchia", percepisco il tempo che passa per ogni cellula del mio corpo. 
ma sono anche entusiasta che persone che conosco da una vita possano vivere sulla propria pelle ciò tutto ciò che ho sempre cercato di raccontare, ma che come per ogni cosa, non sempre si trovano le parole giuste per farlo. Almeno non al momento opportuno.