martedì 23 novembre 2010

antropologia di me stessa

è notte.
e io mi perdo in rete, in testi di antropologia, in critiche, definizioni, esempi, racconti.
leggo ..e nel mentre non riesco a smettere di pensare.
penso alle persone che hanno scritto quei testi, ai testi che a loro volta hanno letto, a come le loro idee si sono formate, quanto pesa in questo processo la formazione che hanno ricevuto, quanto la vita che hanno vissuto, quali gli interessi che hanno potuto coltivare, chi sono le persone che hanno incontrato, quali sono stati i discorsi che hanno fatto ...
penso anche a cosa potranno servire a me queste letture, le idee che diventano a questo punto concetti da imparare, teorie da memorizzare e da utilizzare quando ne avrò bisogno ...
e quando ne avrò bisogno? quando dovrò a mia volta scrivere delle cose, trovare esempi, formulare teorie... e a questo punto le teorie saranno davvero mie?  e su quali argomenti mi concentrerò?
quanta è vasta l'antropologia? quanto tutto diventa infinito se iniziamo a prenderlo come oggetto dei nostri pensieri, dei nostri dubbi, delle nostre riflessioni?

tutte queste domande possono in qualche modo riassumere il periodo che sto vivendo...

alla ricerca di qualcosa, di risposte, di scelte. Una continua analisi, di ciò che incontro, di ciò che penso.
Come se guardassi al trovar un po' di stabilità .. il che è contraddittorio rispetto a tutto quello che finora ho scelto. Sono a metà del periodo che mi è stato assegnato a Barcelona. Si hanno sempre troppe cose in testa quando si è a metà.

Un' altra motivazione potrebbe essere che sono alla continua ed estenuante ricerca di un argomento della mia tesi, che potrebbe essere legato ad una prossima scelta futura, alla quale ne seguiranno altre , sempre legate tra loro. Tutto ciò mi impedisce di concentrarmi su una singola cosa, come quando leggo un testo.
Così il pensiero di una scelta importante, mi ricorda che non influenzerà solo una scelta di carriera, ma anche di vita...
tornerò mai in Italia? O ora che ho spiccato il volo non mi sazierò mai?
è normale a tratti, per intervallare o incasinare ancora di più le spirali che ho nella testa, provare una fortissima malinconia?
Malinconia della mia famiglia, della casa in cui sono cresciuta, dei posti di sempre, della gente di sempre ...
a volte insieme a questa sensazione forte di mancanza, mi faccio prendere da un terribile senso di colpa, che accompagna quello di totale perdita della cognizione.
Che cosa in realtà conta nella nostra vita? La ricerca inesauribile di altro, di nuovo, di incomprensibile, oppure la dedizione a ciò che abbiamo costruito con il tempo, con tutto noi stessi?
tutto arricchisce ... e forse lo stanno facendo anche tutte queste domande che mi sto ponendo in questo periodo..
Sento di star maturando molto, ma non in senso elogiativo, ma esattamente come fa un frutto, che cambia colore, cambia di consistenza ... senza necessariamente stabilire se lo stato (colore, consistenza, gusto) nuovo sia migliore di quello precedente.

e tutto sommato mi piace questa fase.

venerdì 29 ottobre 2010

Ayahuasca un viaggio nell'anima

ESPERIENZE Se il subconscio è il nostro personale e inesplorato web, questa liana psicotropa dell'Amazzonia peruviana è il suo Google 

Testo e foto di Sergio Ramazzotti
Lo sciamano ha un sito Internet, un nome u-tente Skype, guida un fuoristrada giapponese di seconda mano e vi promette un viaggio che nessun tour operator è in grado di organizzare: quello dentro voi stessi, prima classe, posto di finestrino. Suoi sono i segreti dell'ayahuasca, una liana psicotropa che cresce nell'Amazzonia peruviana e che gli indios usano da sempre per raggiungere attraverso le allucinazioni uno stato di autoconsapevolezza o trance che altrove verrebbe definito Nirvana. E sua è stata l'idea, un decennio fa, di capitalizzare quei segreti organizzando cerimonie a pagamento per il mercato statunitense, dove l'ayahuasca, messa fuorilegge come sostanza stupefacente (non in Perú), suscita notevole interesse nell'ambiente medico (esperimenti hanno dimostrato la possibile efficacia nella cura delle tossicodipendenze e di alcune psicopatologie), in quello artistico (ne hanno fatto uso Paul Simon, Sting, Isabel Allende) e fra le sempre nutrite schiere di inveterati epigoni della Beat Generation, adepti della New Age, persone alla ricerca di sé o entronauti, come li ha definiti qualcuno, suggerendo l'analogia fra subconscio e web, il che mi spinge a dire, per averne provati gli effetti, che se il subconscio è il nostro personale web l'ayahuasca è il suo Google: la psicanalisi, a confronto, è un modem a 32k. Il nome dello sciamano è Diego Palma, nato quarant'anni fa a Lima, iniziato all'ayahuasca nella foresta, convertito al Buddismo, oggi residente nella valle sacra degli Incas, vicino a Cuzco. Palma vive in un'ampia proprietà circondata da un impeccabile prato all'inglese. Si chiama Ayahuasca-wasi, casa dell'ayahuasca, è una specie di resort olistico dove gli ospiti paganti di questa settimana sono una trentina. Tutti statunitensi, appaiono intimiditi dall'atmosfera da ashram, trattano Palma come un maestro o santone (il cranio rasato e la tunica arancio gli danno in effetti un'aria da Lama), chiedono consigli come a un guru. "La gente", dice lui, "viene qui aspettandosi d'incontrare una sorta di Don Juan, uno che ti legge nel pensiero, uno stregone. Mi chiamano sciamano, ma cos'è uno sciamano? Per quanto ne so è qualcuno che ti guida a un'esperienza che lui ha fatto prima di te. Ma, una volta dentro, sei tu che devi vedertela con te stesso: prendere l'ayahuasca equivale a concentrare due anni di psicoterapia in una notte. In quest'ottica, anche uno psicanalista è uno sciamano". La prima "cerimonia" è prevista per le nove di sera nel "tempio": la sacralità di entrambi i termini serve forse a compensare l'immagine di Milagros, sua moglie, che intorno alle otto comincia a battere cassa: 60 dollari a testa, in anticipo. I partecipanti, tesi, siedono in circolo, Palma, in ginocchio davanti a un altarino buddista, introduce con un breve discorso: "Ci vogliono coraggio e un po' di follia per affrontare quest'esperienza che vi cambierà la vita. Gli effetti dell'ayahuasca non finiscono quando terminano: talvolta durano tutta la vita". Quindi chiede a ciascuno dei presenti di raccontare a voce alta le ragioni per cui è qui e le sue aspettative, come in una seduta degli alcolisti anonimi. La maggior parte dichiara il rigetto verso la vita materialistica, il ripudio della società occidentale che ci rende aridi e aggressivi, l'ambizione di cambiare il mondo a partire da se stesso, e per ironia quanto sopra viene espresso proprio nella lingua franca simbolo di quell'Occidente malvagio da cui tutti vogliono fuggire. Un uomo del New Jersey dice di avere paura, perché durante la prima esperienza "mi sono trasformato in un mostro malvagio e pericoloso". S., ex art director a New York, oggi di professione "guaritrice spirituale", vuole sperimentare nuove tecniche di cura. K., una fotomodella di San Francisco, riservatissima, sul volto una costante espressione di tristezza, dichiara quasi in lacrime: "Ho così tanto dolore dentro di me, devo trovare un altro modo di vivere". Una coppia di medici non più giovani, originari dell'Azerbaigian, residenti a Philadelphia, confessa: "Nostro figlio ha una malattia mentale, nessuno riesce a trovare una cura. Sembra che l'ayahuasca sia stata usata con successo in casi simili, così siamo qui per provarla su di noi e decidere se portare anche lui". Un regista di Hollywood dice semplicemente: "Voglio incontrare Dio". Palma ha ascoltato impassibile, e al termine consegna a ciascuno un secchio di plastica: serve per il vomito, l'effetto collaterale più comune dell'ayahuasca (lui lo chiama "depurazione dalle energie negative"). Quindi consiglia: "Quali che siano gli effetti che sentirete, non spaventatevi e non cercate di opporre resistenza: lasciatevi andare, non potete lottare contro la vostra mente". Poi spegne le luci, lascia accese tre candele e intona un canto alla "Madre ayahuasca" (è così che la chiamano gli Indios), il cui decotto è contenuto in due poco ieratiche bottiglie di plastica arrivate ieri dall'Amazzonia. Beviamo il frappé terroso, amaro come il fiele, dopodiché lo sciamano soffia sulle candele e ciascuno si rannicchia sul pavimento ghiacciato dalla notte andina. Un'ora più tardi sono ancora perfettamente lucido, mentre le tenebre intorno a me risuonano di sospiri, rantoli, spaventosi conati di vomito, grida raccapriccianti miste a singhiozzi, tonfi di pugni sferrati sul pavimento. Dopotutto Palma mi aveva avvertito, quando gli avevo chiesto quale fosse la scena peggiore cui avesse assistito in una cerimonia: "Hai presente l'Esorcista? Beh, c'è stato un uomo al quale mancava solo che si girasse la testa al contrario. Dovetti trascinarlo fuori e placarlo con una nenia imparata dagli Indios: una crisi come quella può essere contagiosa, sotto ayahuasca le persone sono ipersensibili e se perdi il controllo della situazione sei finito". Dopo un'altra mezz'ora sono ancora in me e comincio a chiedermi che ci sto facendo qui, penso di mandare al diavolo tutto e uscire a guardare le stelle sopra le Ande. Poi mi ricordo del consiglio di lasciarsi andare, decido di provarci ancora. E a quel punto, all'improvviso, tutto accade. Eccomi sprofondare in una specie di Giardino delle delizie di Bosch tridimensionale e interattivo, dove i personaggi sono dipinti da Bosch o da me, non ha importanza, galleggio in questo iperuranio liquido, ne sono anch'io un abitante ma al tempo stesso il creatore e, ahimé, non si tratta della parte sinistra del trittico ma della destra, quella che rappresenta gli inferi. Da destra (quale destra, visto che ho gli occhi chiusi?) partono lampi di luce rossa, e scariche elettriche mi scuotono la parte destra del corpo causando al braccio e alla gamba convulsioni inarrestabili, e tuttavia piacevoli come un massaggio shiatsu. Sento ancora la colonna sonora dei mugolii e sospiri e rantoli e grida, solo che ora è come se tutti quei suoni echeggiassero dentro di me, o come se fossi io a emetterli: improvvisamente mi sento un tutt'uno con gli altri esseri umani nella stanza, in un esaltante picco di empatia virale che ci ha trasformati in neuroni e sinapsi dello stesso cervello, computer interconnessi nella stessa rete (non è quanto afferma la fisica delle particelle subatomiche?). Capisco cosa intende Palma quando parla di ipersensibilità e rischio di contagio. Quando gli altri rantolano voglio rantolare, quando sospirano sospiro, quando qualcuno emette un ringhio catartico fremo, e poi sembriamo calmarci tutti insieme, nuotare a bracciate più lente nel Giardino delle delizie, ciascuno dentro la sua versione. Infine trovo una porta: la varco, oltre ci sono le sale di un museo. Le teche sono ben illuminate e sui ripiani è disposto tutto ciò che, negli anni, ho rimosso, dimenticato ad arte, raccontato a me stesso di non sapere, in perfetto ordine e illustrato da didascalie fin troppo esaurienti. È la "proiezione esplosa", come la chiamerebbe un ingegnere, del mio subconscio: un diagramma che la maggior parte di noi non ha la fortuna o la sventura di poter vedere, e a lato un'avvertenza: fanne l'uso che credi. Lo sciamano riaccende le candele prima dell'alba. Oltre le fiammelle vedo la fotomodella che singhiozza fra le braccia del suo vicino. L'impiegato del New Jersey, in ginocchio sul pavimento, disegna spirali su un blocco con una frenesia da tarantolato. Il produttore in piena crisi catartica piange sdraiato con la faccia a terra. I medici azeri fissano il vuoto con un'espressione di serenità acquosa, che forse assomiglia alla mia. Nella stanza aleggia una sconcertante atmosfera di pace, mi viene da pensare che se al posto dei proiettili riuscissimo a sparare il principio attivo dell'ayahuasca avremmo vinto tutte le guerre, o smetteremmo per sempre di combatterne. Dopo la cerimonia non ho chiesto agli altri cosa avessero provato o come si sentissero. Posso immaginare tutto e il contrario di tutto, poiché è quanto avrei potuto dire io ed è esattamente questo che si trova nella nostra mente, dietro quelle porte di cui siamo così abili a nascondere le chiavi, e che l'ayahuasca spalanca davanti ai nostri occhi con brutalità. In una notte ho appreso su di me più di quanto avrei voluto sapere, e certamente non tutto: non si visita un museo del calibro dell'Ermitage in un giorno solo. Non mi dispiacerebbe fare un altro giro fra quelle teche, tuttavia non ne sento il bisogno immediato, perché per il momento ho abbastanza su cui lavorare: non saprei come scriverlo, so che mi ci vorrà molto tempo a leggerlo. 

sabato 23 ottobre 2010

"Che cosa c'è di più adatto per illuminare i punti più oscuri della storia primitiva che il paragonare al tempo stesso sia i costumi, sia le abitudini, sia il linguaggio, sia l'industria dei diversi popoli?  ... E che cosa c'è di più ricco di soddisfazioni, possiamo aggiungere, che il dedicarsi a questa attività e stringere per così dire legami di conoscenza con un numero infinito di popolazioni che meritano così poco l'ingiurioso disprezzo che noi abbiamo per esse?" (Jauffret, 1799)

Questa è la definizione che più mi soddisfa dell'antropologia, scritta quando ancora ufficialmente questa scienza sociale non esisteva ancora.
Trovo sempre difficile e fastidioso rispondere alla domanda "cosa fai nella vita" ... e non so per quale motivo ho dedicato questi giorni alla ricerca di una risposta valida ...
non credo di averla trovata ancora cmq, una definizione imparata a memoria perde tutto il suo significato originario ... e in ogni caso non la imparerò nemmeno a memoria.
Voglio dire, ci sono dei momenti in cui ho terribilmente bisogno di posizionarmi, di sapere dove sono, che sto facendo, perchè tutto questo. E mi è difficile farlo relazionandomi a ciò che studio, perchè l'antropologia mi è sempre sembrata un caos, un insieme di cose molto diverse tra di loro, un modo per raggruppare pensieri, idee ... che per trovano già per conto loro una connotazione specifica.
Secondo me l'antropologia  accoglie tutte queste definizioni, studi , idee, ricerche ... e "semplicemente" le inserisce in un discorso più globale, per arrivare a capire l'uomo nelle sue differenze, storiche, spaziali e cuturali.
Mi porterà da qualche parte tutto questo? Sicuramente ... ma ora non ne ho la più pallida idea... ed è questo fatto che paradossalmente mi fa stare bene.... inventarsi il proprio futuro.
Ecco, pensieri paradossalmente opposti a quelli scritti qualche riga prima ... l'essenziale rimane quindi saper far fronte alle crisi mistiche che prendono senza preavviso...

domenica 17 ottobre 2010

tela, lana e seta.

domenica mattina di metà ottobre,
ancora una volta m verrebbe da parlare del tempo, perchè siamo in un periodo dell'anno in cui tutto è instabile, in cui non si capisce come bisogna uscire di casa vestiti, se si possono ancora azzardare i pantaloni di tela o se non si esagera con gli stivali e la sciarpa di lana... non è che siano problemi esistenziali, certo. ma è anche divertente, rende lo spettacolo della gente che si incontra vario e interessante..
sono appena uscita di casa per farmi una passeggiata...cosa che faccio sovente appena sveglia, soprattutto quando non so bene se ri-uscirò ancora durante la giornata.. mi serve per prendere aria, per svegliarmi, per ricordarmi in che posto magnifico vivo .. per pensare ... e anche per vedere che tempo e temperatura fa.
abito nel centro di barcelona, di fronte a casa batlò, quella di Gaudì.
bene, scendere le scale e capire che si è in spagna non è così immediato. si possono sentir parlare tutte le lingue immaginabili, vedere appunto svedesi in pantaloncini corti, o greci con il cappotto, americani con il bicchiere di sturbucks, italiani con la cartina aperta che urlano per mettersi d'accordo sulla direzione da prendere.
ci sono gruppi di giovani giovani in via di ripresa dal sabado noche catalano, gruppi di amiche sulla quarantina in fuga dalla quotidianità e alla ricerca del tutto è concesso, famiglie allegre che riscoprono gli affetti grazie ad una camera di albergo e niente piatti da lavare dopo cena.

gli alberi cambiano, gli alberi da qualche giorno qui a barcelona sono diventati più rossicci, a parte le palme, e di conseguenza anche i colori degli abiti indossati dalla gente sembrano inseguire il pandan... marroncino, bordeaux, nero, arancione... i colori del'autunno. insomma. colori a cui associo castagne, caminetto, campagna, famiglia, cioccolata calda. e tutto questo con domenica mattina, be, mi mette malinconia ecco.

sì, forse è questo il sentimento che provo in questa domenica mattina. in più ho dei dolori allora stomaco, colpa dei giorni precedenti sicuramente. giorni pazzi, giorni fuori dalla norma, in sostanza giorni passati con quegli strani elementi dei miei ex coinquilini di casa fiorano. raccontarli diventerebbe un problema per quanto riguarda la ricostruzione cronologica dei flash che ho immagazzinato nella mia testa...
ma posso accennare a quel bar in gracia, così affollato, così intensamente impregnato del fumo delle sigarette accese ... ma che serviva vasi di birra a 2 euro con tapas inclusa.. e che tapas .. così dai che bevi per poter mangiare subito dopo ... io , noi, con iolanthe l'australiana e sandi lo sloveno. poi ristorante italiano, per non farsi riconoscere neanche a barcelona. e via di aperitivo a buffet .. e negroni. ( che contiene già nella parola in sé la coniugazione al plurale, maledetto).
risate, discorsi , ritrovarsi seduti in cerchio in placa catalunya con cerveza e samosa che arrivano esattamente quando li vorresti ... il freddo che dopo un po' ha la meglio e collabora con la stanchezza per ritrovare il letto.

la sera dopo non si smentiscono i cari in traferta. li raggiungo dopo 4 ore di lezione serale al lontano campus dell'autonoma, e così prosegue con il bar a chupito, concerto al museo si concerto no. .. no, perchè il domino ha avuto la meglio. camminare per le strade senza meta, megalocale ?si, sangria. perfetto. e così ci ritroviamo ad un tavolo, in posto affollato ... ma riusciamo a concentrarci sui nostri discorsi, in italiano, in spagnolo , in francese.... si tocca la politica, quella europea, quella italiana, francese. si alza la voce, ci si innervosisce, si ride, ci si confronta. e così si finisce la serata da me, nel mio adorato appartamento che neanche la notte dorme. si aspetta il sole che sorge così, divorati dai divani e divorando a nostro turno pizze surgelate. in quei momenti dove la temporalità non assume importanza, si vive quel momento, e quelle persone che lo condividono con noi. Certo non si pensa neanche ai dolori di cabeza e di stomaco che si avranno il giorno dopo, quando mi sarei svegliata dopo pochissime ore di sonno nel piccolo laboratorio di fotografia di pedro, prestatami come stanza temporale mentre la mia era occupata dai 4ospiti.
 Mi sveglio disturbata da piccoli pizzicotti  nelle gambe e sui piedi ... che scoprirò poi in seguito essere dei piccoli insettini che vivono tranquillamente in quella stanza, dai quali il mio coinquilino ha ormai acquisito l'immunità.
fantastico ...

incominciare la giornata con un nervosismo assillante non è buona cosa, soprattutto se c'è gente con la quale devo relazionarmi .. ma ci ha pensato il caffé, il sole e montjuic a risolvere la situazione. placa d'espagna, il castello, il museo di miro, il belvedere ...questa splendida città ai nostri piedi, così bianca, eppure così' non uniforme.
mi incanta, mi avvolge. credo che però non sia facile vivere sempre così a stretto contatto con una realtà turistica come quella di barcelona. il turismo porta ad inseguire ciò che non è normalità, l'essere in viaggio spinge all'esagerazione, porta al non lasciarsi scappare nulla, al non fermarsi mai.
e invece io in questa domenica di metà ottobre scelgo di fermarmi. ma per fare che? che si fa quando ci si ferma un po'? si pensa? si scrive? ... e poi? cosa si fa in una domenica autunnale? si passeggia tra le foglie che cadono per terra, si beve del the ... si sta con le persone che si amano.
forse è per questo che esiste questa stagione ... dopo il turbine troppo superficiale estivo .. ci si ferma per riscoprire la calma, apprezzarla ...

martedì 12 ottobre 2010

e anche per quest'anno l'estate non ha più niente da aggiungere...

l'autunno sembra definitivamente arrivato...
anche se qui a Barcelona ci sono ancora 20 gradi...nonostante la bufera di freddo che si sta consumando fuori...
da questa notte i sibili non cessano, e il movimento dell'aria sembra aver offeso il sole, che persa la sua battaglia rimane ubbidiente dietro le nuvole nere..
così l'atmosfera cambia...anche in casa. Siamo tutti qui, tutti e nove, in questo giorno di festa nazionale spagnola. Ma l'autunno si percepisce anche se non si guarda dalla finestra, perchè il bollitore dell'acqua è sempre in funzione per vari the e infusi, sul fuoco c'è una zuppa in via di preparazione, le luci sono già tutte accese alle sei del pomeriggio... in generale le conversazioni hanno un tono più basso, come se il cambio di stagione o il brutto tempo concedesse a tutti il diritto di essere più pensierosi, più chiusi in se stessi, nei propri pensieri...
devo dire che non mi dispiace affatto come stagione l'autunno.
è una via di transito, è una stagione di passaggio.
E per una come me, che si trova incessantemente in transito, in imbilico, in changement.. mi ci ritrovo ecco.

Sono tornata stamattina da Madrid.
Weekend deciso all'ultimo momento, dopo giorni di raffreddore e malanni... ugualmente passati imponendomi il massimo delle forze e energie.
La scorsa settimana non mi sono fermata un attimo, nonostante gli acciacchi dovuti a un azzardato bagno nel mare in ottobre, per di più non munita di asciugamano. è venuta a trovarmi qui a Barça una mia cara amica da Cuneo, e mi sembrava quindi il minimo accompagnarla per la visita e scoperta di questa incantevole città .
E così eccoci partite per il Barrio Gotico, la cattedrale, il Port Viell, il lungo mare, la spiaggia... poi ancora l'outlet di Disegual incontrato vicino a casa mia, il parc Guell, la Sagrada familia, il quartiere di Gracia attraversato a piedi, la mostra fotografica così violenta sul Darfur, una exhibition azzardatamente moderna all'interno della casa Pedreria di Gaudi... per finire il terzo giorno con il mercato Els encants a Glories nella mattinata... un tale mix di nuovo e antico, di colori, di gente, urla , profumi forti... tapas e cerveza nel magico e interculturale barrio del Raval...
Bello ritrovarsi con persone in posti nuovi, lontano da casa, dalla quotidianità di entrambi.
Quanto si riesce a condividere di più, a raccontarsi, a trovare tempo per farlo realmente e non in modo fittizio o intervallato.
Grazie mina per questi bellissimi giorni.

La mia parziale influenza è stata scossa anche da un sacco di nuove conoscenze e incontri, avvenuti grazie tramite il sito di couchsurfing (www.couchsurfing.org). Avevo infatti giorni fa ricevuto una richiesta di ospitalità da parte di un ragazzo italiano, matteo,o meglio, matte... guardando il suo profilo ero capitata sul suo blog, che mi ha risucchiato nel suo mondo tramite le sue parole per una mattinata intera... ho letto tutti i post, i racconti di un viaggio in giro per l'europa iniziato qualche mese fa a Lyon, città in cui ho vissuto e che mi sembrava di rivivere attraverso le sue vicende... è grazie a lui che ho avuto il decisivo imput per iniziare questo mio spazio..,
Così giovedì sera ci siamo conosciuti, siamo andati insieme a cena nel nuovo appartamento di Noemi... incontri che avvengono così casualmente ma in modo così naturale, perchè grazie alle informazioni che ognuno inserisce si può avere l'impressione di conoscere già in parte la persona, si sa che facendo entrambi parte di quella comunità virtuale si condividono certe idee, certi valori... e così è avvenuto con Matte.
Lui, che ispirato dalle vicende di Alexander Supertramp ha lasciato la sua quotidianità per mettersi alla prova, di fronte a nuove città, nuovi paesi, realtà, strade in cui sceglie di suonare la sua chitarra e incontrare così la gente... sono stata attirata dal modo in cui concepisce questo suo muoversi, in autostop, couchsurfing, carsharing... metodi low cost ma non solo... perchè in fondo sono i modi più naturali e sinceri di relazionarsi con la novità, con i posti che si decide scoprire...
e ricordo con un sorriso la serata passata a casa mia a parlare sulla magica terrazza, a cucinare tortillas e ad ascoltare la musica dei tempi delle elementari, delle medie.. con matte e mina...

poi voilà , sono partita per madrid... dove ho conosciuto un'altra persona che ha saputo darmi tanto, e con la quale mi son subito sentita in sintonia... virginia... mi ha accolto in casa sua nonostante non ci fossimo mai parlate prima..sn stata accolta da un pranzo trattino merenda sinoira pronto alle 18 , offertomi con sincero spirito di accoglienza dalla padrona di casa irena, donnina sulla sessantina carica di energie e di aneddoti.

di madrid la prima ed essenziale cosa da dire è che è GRANDE , esageratamente grande, complicata,estesa... le ore sul metrò sono il ricordo più marcato che mi ha lasciato...
ma nonostante sia cosciente del fatto che sia una città nella quale nn mi piacerebbe vivere, l'ho apprezzata per la sua anima spagnola, caratteristica che invece è assente in barcelona.. con le sue tapas, i bicchieri di cerveza o sangria a 1 euro, i bocadillos con calamari fritti, il mercatino del rastro la domenica mattina, il parco del retiro, il quartiere la latina, lavapies, cuechua... i musei del padro, reina sophia, thyssen... gli spazi verdi ovunque, il laghetto del parco, le barche, le terrazze con i tavolini...
E la Tabacalera, ovvero un enorme e stra interessante centro culturale-sociale nel cuore della città.. che ci ha regalato vestiti usati, libri, reggetton, musica, incontri con altri tre ragazzi della rete di couchsurfing polacco, austriaco e uno di San Francisco...
questo lungo weekend con virginia e alice mi ha fatto bene, mi ha coccolato, anche grazie al favoloso pranzo tipico della repubblica domenicana cucinato per noi dalle coinquiline, al jolie café Viva la vida  e al suo the energetico..
mi sento in armonia con ciò che vivo, con ciò che scopro, con ciò che mi attende e con ciò che già ho assaporato... e questo è semplicemente l'ineguagliabile effetto che mi fa il viaggiare... 
perchè, come ho letto da qualche parte :


Aver viaggiato tanto significa arrivare giovani all'età matura, uno dei segreti della felicità... 


...dappertutto la gente ci dice "Non andate così veloci, restate!"...
 ma solo noi sappiamo quello che ci resta da vedere.. .


e per concludere non posso non ricordare ciò che di folle mi è successo.. uno di quegli incastri di avvenimenti che possono rendermi dingue se ci sto troppo su a pensarci...
ieri abbiamo preso la metro alla porta del sol, ad un'ora qualunque, nella fermata più centrale della città più popolata di Spagna. Sono entrata in una delle numerose porte di quella metro presa a caso... e mi ritrovo davanti un ragazzo conosciuto due anni prima a Lyon, assiduo frequentatore del Kbarré , il circolo culturale dove lavoravo...che in Erasmus a Milano era in visita alla sua ragazza madrilena...
non vi capita mai di pensare, quando visitate una città, alle persone che conoscete, o che avete visto almeno una volta nella vostra vita, che potrebbero essere lì anche? non vi esce , come in un fumetto, una nuvoletta nella quale ci siete voi che guardate dall'alto i puntini muoversi nello stesso spazio, che si evitano per un soffio?
be, a me capita, e ieri è accaduto che due di questi puntini, non si siano dati le spalle senza saperlo!

martedì 5 ottobre 2010

la donna che vendeva i suoi sogni..

inizio questo mio spazio con il titolo di un racconto di Gabriel Garzia Marquez, che ho appena finito di leggere...è corto..e caso ha voluto che me lo trovassi nelle mani oggi. libro regalatomi da una ragazza australiana in giro per l'europa, che ho ospitato per un paio di giorni nel mio appartamento tramite couchsurfing.
Inizio così il mio primo post..anche se ho pensato e ripensato a mille altri modi per farlo.. ma l'impulsività del momento è ciò che preferisco captare. 
dicevo quindi che l'ho letto per caso, come la maggior parte delle cose che ci / mi avvengono... avvenimento che si incrocia con l'altro, strade che si formano, altre che si abbandonano, incroci che si evitano, deviazioni che cambiano il resto,... 
maria, la protagonista, è una donna che come lavoro nella vita "vende i suoi sogni". 
uao. che mestiere più affascinante può esistere? 
e noi che ci facciamo scoppiare la testa pensando e ripensando in ogni minuto delle nostre giornate a cosa potremmo fare un giorno, a cosa diventeremo, cosa creeremo, dove andremo a finire? 
a me piacerebbe osservare le forme che assumono le nuvole, a quale velocità vanno, i colori che cambiano...oppure ascoltare il cigolio delle barche parcheggiate al molo, associarle con altri suoni e rumori. 
mi piacerebbe vivere osservando il mondo, immagazzinando in me pensieri e progetti....  
senza un preciso fine, senza calcolare dove, come e perchè....

bando alle ciance... non so ancora bene il motivo di questo blog..
era tanto che volevo crearne uno..ed ora, eccoci qui.
innanzitutto è un modo per raccontare che combino, alla gente che conosco che vive distante da me, anche se il fatto che abbia deciso di usare la lingua italiana mette un certo tipo di barriere... ma scrivere credo che sia come leggere... si perdono troppi pezzi e un po' di poesia se lo si fa in una lingua che nn è la nostra...

e non è solo per soddisfare la curiosità sulla mia vita che scrivo qui...credo di non essere egocentrica fino a questo punto...
in questo spazio parlerò delle mie scoperte, delle conoscenze che farò, dei miei progetti, di ciò che vedrò. visiterò, incontrerò, amerò, odierò ... ma soprattutto l'imput più forte che mi ha portato qui è sicuramente la città in cui mi trovo.

barcelona, spagna.

barcelona, l'ombelico del mondo. senza dubbio.

barcelona, città dalle mille facce, dai mille colori, sfumature, odori, suoni.

barcelona, città incantevole, ricca, diversa in ogni suo centimentro quadrato. mai vista tanta diversità così raccolta in un solo posto, mai vista tante differenze convivere in questo modo. mai vista tanta fantasia, follia, bellezza, tranquillità, pace, avanguardia, elettricità. vita.

questa città è viva. sprizza vitalià e curiosità.
mi intriga e mi affascina.
è fantastica... e pur lasciando il mio io approfittarne nel più profondo,.. mi apro per condividerla con voi. o almeno con una tastiera, questa tastiera. con questo schermo.
provo a condividermi con altro che non sia semplicemente un foglio di carta, di cui sn pieni due scatoloni nel mio solaio. due scatoloni di parole, che hanno formato frasi che mi hanno portato fino a qui.
buon inizio.