venerdì 4 maggio 2012

solo per oggi


"Il metodo segreto per invitare la fortuna

La meravigliosa medicina per ogni malanno

Solo per oggi:
Non ti arrabbiare
Non ti preoccupare
Sii riconoscente
Lavora duro (per migliorare te stesso)
Sii gentile con gli altri
Ogni giorno e ogni notte, siediti nella posizione del Gassho e pronuncia queste parole a voce alta nel tuo cuore.

Per l'evoluzione del corpo e dell'anima, Usui Reiki Ryoho" - Mikao Usui

giovedì 12 aprile 2012

viewpoint

"It is characteristic of viewpoints that they are under the strong influence of social factors, and among all the personal characteristics, they have the strongest influence on political and cultural happenings among people (Nastran.Ule, 199:92) In the life of an individual, viewpoints have many functions. They protect us from the realities of life and negative cognition about us. People also have a need to express those viewpoints which enable them to express notions that reflect their central values. The adaptive function of viewpoints is also very important. An, finally, viewpoints also help us to classify new information and experience. In this way they help us to simplify the complexity of the world in which we live (ibidem,p.98). The adherence to a certain group, information, knowledge and personal characteristics have a strong influence on the formation of viewpoints (ibidem,p.105)"
Nena Zidov, Prejudices and stereotypes as a possible interpretative model for ethnology. 

giovedì 16 febbraio 2012

ode al moto perpetuo

Mi sono giunte queste parole proprio oggi, proprio nel momento in cui iniziavo a realizzare tutto ciè che ruota attorno all'uso della semplice bicicletta. Qui a Barcellona sono infatti ormai abituata e soddisfatta dall'andare da un posto all'altro con il culo seduto e le gambe che decidono loro che strada prendere, che curve fare, a che velocità andare. Fare dell'esercizio fisico, riscaldarsi nell'aria fredda, vedere il mondo ad una velocità più rapida senza accendere l'aria condizionata o il riscaldamento. 
vivere per davvero quel passaggio da quei LUOGHI fisici che per la maggior parte delle volte ci sforziamo di vedere come tappe obbligatorie della nostra giornata. 
Si può dire che chi va in bici forma una propria comunità, dove vi sono segnali singolari, norme, concessioni, incazzature, occhiate, che iniziandoci a fare caso iniziano a far parte del nostro modo di vedere le cose. in generale. 
stasera per esempio ho assistito alla scena di un ragazzo che cercava di superare nella corsi delle bici un altro tizio che però non gli dava attenzione, perchè con la musica alle orecchie. una volta al semaforo quello gli ha spiegato che sono 40 euro di multa se la polizia lo vede con le cuffiette, e poi che è un pericolo per gli altri perchè non possono avvertirlo e farsi sentire. 
poi cercando un posto dove "parcheggiare" la bici nell'apposito spazio sotto casa, mi sono accorta che non ve ne erano di liberi. ma ecco che una ragazza viene a recuperare la sua, e mi dice "2 minuti e puoi metterla qui". esattamente come funziona con le macchine che cercano un posto...
curioso è anche osservare le occhiate che i ciclisti si scambiano, come si coordinano tra di loro, come decidono di seguire o no le norme stradali, e come si lasciano tentare e influenzare da coloro che lo fanno o no. 
perchè è un'altra nuova prospettiva, è un nuovo modo di vedere e vivere. 
ed è una via sana, a km effettivi e costo zero. 








Ode al moto perpetuo

Io canto l’equilibrio del moto perpetuo

Io canto la vita che si muove silente

Io sussurro nell’aria in cui circolo e nuoto

Io mi avvito per strade, seguo tutta la gente

E fra tutta la gente porto il genio fecondo

Dell’ingegneria che sconfigge la fretta

Senza strepito o fumi che inquinino il mondo

Lode eterna, signori, per la mia bicicletta.

Lode eterna al pedale, al manubrio, alla ruota

Al fanale di dietro, alla dinamo avanti

Al campanellino, alla sua unica nota

Alla voce argentina che vi squilla l’attenti.

State attenti che questo è il vero progresso

Ed è il nesso che lega una tecnologia

Che senza ridurre il mondo ad un cesso

Ti moltiplica la tua stessa energia.

“La rivoluzione — compagni — arriverà in bicicletta”

Suola e pedale

Questo è il vero ideale.

Senza fretta — compagno — boicotta il motore

Senza fare rumore

Calpesta il potere.

Occhio al ginocchio

È lo stinco che stendo.

La rivoluzione sta già pedalando!

Il vibrante mormorio della ruota dentata

Dente a dente si insinua, dente a dente incatena

La catena trattiene l’energia liberata

E la libra veloce, precisa e serena

E la bicicletta — metaforicamente –

Simboleggia una vita che non sia foglia al vento

Ma passione e pensiero, sia corpo e sia mente

In cui si resta in piedi finché c’è movimento.

Circolare a tutti i movimentisti

Lettera aperta a chi vive lottando:

Ciclicamente, internazionalisti

Unitevi in ogni parte del mondo!

Non avrete da perder le vostre catene

Ma da stenderle fra le due ruote in tensione

Libertari, anarco-ciclisti conviene

Arrivarci a pedali alla rivoluzione!

“La rivoluzione — compagni — arriverà in

bicicletta!”

La salita ora è pesa

Verrà la discesa!

Senza fretta — compagno — boicotta il motore

Senza fare rumore

Calpesta il potere.

Occhio al ginocchio

È lo stinco che stendo

La rivoluzione sta già pedalando!

(Alessio Lega – Ode al moto perpetuo)

mercoledì 1 febbraio 2012

if I ruled the world

Ljubljana.
Credo sia utile questa mia settimana back in ljubljana.
Forse il freddo , glaciale, sta influenzando so much my staying and return here.
Ma percepisco tutte le differenze con la realtà con Barcelona. Che non è solo sul livello personale. Non è solo questo. Quando sono andata a Barcelona da Ljubljana, ho avuto tante percezioni sulla differenza di queste due città/realtà, in cui ho vissuto. Ma ora, tornare qui, mi apre altre porte, altri feeling e pensieri.
Ljubljana resta per me una città magnifica, ricca, viva. Ma nel suo modo, à ça façon. Ovvio che tornando qui , a fine gennaio, inizio febbraio, con meno 10 gradi, nessun passante o quasi nella strada, ritmi diversi che arofittano del giorno.. che qui non sai nemmeno quando e come finisca, perchè la luce non è mai totalmente à full... be’, venedo da una città come Barcelona, dove persino alle 6 del mattino, on my way to the train station to go to the airport, ho incontrato almeno 20 persone, in un tragitto di 500 metri... un città dove tutto è concesso, tutto rimane aperto ad ogni ora, il sole è li, e quando non c’è è crisi, è terrore, è depressione, è “I should stay at home” ... be’... sono tante le differenze, si.
Quello che pensavo oggi, è la sensazione di esser tornata a casa, dopo un periodo di vacanze indefinite in una città dove dovevo tornare. Ma so che nn è cosi, che a Barcelona sto costruendo la mia vita, e di cui sento la mancanza, anche con la conspevolezza che ci ritornerò.
La sensazione che ho sempre avuto, flying tra le due realtà really often, era la percezione di superficialità in Barcelona, contro la profondità , riflessione , coscienza e autocritica che trovo in una città come questa. E tornando qui, con questo clima, capisco, o almeno posso immaginare il perche: non c’è nessuno nelle strade, la gente non vuole andare fuori, fa freddo, non c’è niente. Iil direttore dell’IIC dice che gli piace qui, ma “si annoia”. Ed è esattamente ciò che ho sempre criticato di ciò che la gente dice qui, ma ora capisco che ero anche io inclusa in questa meravigliosa bolla, piccola, sicura. Come in una coppia. E con questo non voglio dire che il mondo “vero” è fuori, che cos’è il mondo vero?! Si può davvero definire in qualche modo?! L’espressione mondo vero è forse il poter comprare uova e nutella a tutte le ore del giorno o della notte, solo facendo pochi passi da casa? È forse incrociare gente per la strada vestita in modo strano, o parlando ogni lingua, concerti in ogni bar, exibition in every famous building? È forse percepire la diversità everywhere, hippies, hipters, fighetti, uomini d’affari, senzatetto, etc...

mi trovo qui in rog (centro sociale in slovenia), e qui è un tipo di esempio che contiene ogni elemento della mia riflessione. I’essere qui con loro mi ha sempre dato l’impressione di essere nel centro di una vera azione, riflessione globale che racchiude tutti i punti alternativi di Ljubljana. Non sono mai stanchi di agire, di riflettere, di inventare, di interagire. Eppure qui, con loro, trovo ancora ora lo spirito giusto di considerare l’everyday life. Anche se ci sono contrddizioni anche qui, le persone fumano camel light, bevono in lattine di birra. Ma è questa vera contraddizione?! Non lo so..nn è detto che chi è contro the system, è per forza contro il materialismo, le multinazionali...
in fondo nel mondo contemporaneo, che cosa necessitiamo, tutti? L’essere soddisfatti.
E come avviene ciò?
Per alcuni, basta realizzarsi nella sfera personale, vedi chi decide di crearsi una famiglia, fare figli, stare vicino alla famiglia, ai suoi amici, allo stato in cui è nato e alla lingua a cui è abituato.
Poi ci sono altri tipi di persone, dove la soddisfazione è rappresentata dal lavoro, carriera. Vedere che il loro sforzo, che viene, of course, ricompensato con il giusto ammount di soldi, combina i due sforzi, e può promettere sempre di piu, con tempo e sacrifici. Quindi si perde poi facilmente le basi, da cui tutto è partito, e anche il fine che si desidera raggiungere.
Il terzo tipo di persone sono quelli che si sentono sazi di realizzare ciò in cui credono, a intervalli, perchè per forza ciò produce momenti di panico, caos. Perchè ciò che accade attorno non sempre favorisce il loro sforzo, che va al di là di quello personale, e al di là di quello legato alla sopravvivenza (quindi il lavoro).
Lo so, ne sono ben conscia, che tutto questo è stato teorizzato, spiegato, concettualizzato da molti motli altri prima di me.Come ben siega l'articolo qua sotto, sull'importanza di non denigrare il passato, ma saper come "tenerlo presente" (divertente espressione in questo caso). E non escludo, anzi, che queste mie riflessioni/finalizzazioni siano frutto di queste letture, confronti, scoperte. In questo caso ci starebbe bene una referenza,una citazione, qualcosa che dimostrasse che il mio pensiero è condiviso e reale. 
Ma so che lo è, e in questo caso, forse perchè non è un paper, ma più uno sfogo, non sento il bisogno di cercarlo. Primo perchè mi perderei, in pagine internet, in libri sul mio scaffale (che purtroppo è shared e distribuito in troppe città, troppi luoghi e posti). Forse mi sento più un’anima che vuole scrivere, esprimersi, poetizzare.
Un essere umano, insomma.

Il che, in certi momenti, non è poi così male.   
                                                                                                                                        




If I ruled the world: Steven Pinker

We should stop idealising the past and appreciate the present. The world is much less violent than it used to be

My first edict as global overlord would be to impose the following rule on pundits: No one may bemoan a decay, decline, or degeneration without providing (1) a measure of the way the world is today; (2) a measure of the way the world was at some point in the past; (3) a demonstration that (1) is worse than (2).
This decree would, first of all, eliminate tedious jeremiads about the decline of the language. The genre has been around for centuries, and if the doomsayers were correct we would now be grunting like Tarzan. But not only do we see vast amounts of clear and competent prose in everyday outlets like Wikipedia and Amazon reviews, but a gusher of superb writing appearing daily, as anyone who has lost a morning to sites like The Browser and Arts and Letters Daily can attest.
Language mavens commonly confuse their own peeves with a worsening of the language. A century ago editors issued fatwas against barbarous innovations such as “standpoint,” “bogus,” “to run a business,” and “to quit smoking.” Decades ago they fulminated against “six people” (as opposed to persons), “fix” (for repair), and the verbs “to contact” and “to finalise.” Today this linguistic contraband is unexceptionable, if not indispensable. Also vilified is the seepage of new technological jargon into the language (leverage, incentivise, synergy). Yet old technological jargon (proportional, placebo, false positive, trade-off) has made it easier for everyone to think about abstract concepts, and may even have contributed to the Flynn effect, the relentless increase in IQ scores during the 20th century.
And speaking of technology, today’s Luddites have a short memory. Parents who lament the iPods and mobile phones soldered onto the ears of teenagers forget that their own parents made the same complaint about them and their bedroom telephones and transistor radios. The abbreviated prose in tweets and instant messages is no more likely to corrupt the language or shorten attention spans than the telegrams, radio ads, and advertising catchphrases of yesteryear. Email can seem like a curse, but who would go back to stamps, phone booths, carbon paper, and piles of phone messages? And now that dinner companions can fact-check any assertion on an iPhone, we are coming to realise how many of our everyday beliefs are false—a valuable lesson in the fallibility of memory.
But nowhere is the confusion of a data point with a trend more pernicious than in our understanding of violence. A terrorist bomb explodes, a sniper runs amok, an errant drone kills an innocent, and commentators ask “What is the world coming to?” Yet they seldom ask, “How bad was the world in the past?”
By just about any quantitative standard, the world of the past was much worse. The medieval rate of homicide was 35 times the rate of today, and the rate of death in tribal warfare 15 times higher than that. Collapsed empires, horse-tribe invasions, the Crusades, the slave trade, the wars of religion, and the colonisation of the Americas had death tolls which, adjusted for population, rival or exceed those of the world wars. In earlier centuries the wife of an adulterer could have her nose cut off, a seven-year-old could be hanged for stealing a petticoat, a witch could be sawn in half, and a sailor could be flogged to a pulp. Deadly riots were common enough in 18th-century England to have given us the expression “to read the riot act,” and in 19th-century Russia to have given us the word pogrom. Deaths in warfare have come lurchingly but dramatically downward since their postwar peak in 1950. Deaths from terrorism are less common in today’s “age of terror” than they were in the 1960s and 1970s, with their regular bombings, hijackings, and shootings by various armies, leagues, coalitions, brigades, factions and fronts.
And no, I am not hypocritically tilting at my own “disturbing new trend.” In 1777 David Hume wrote, “The humour of blaming the present, and admiring the past, is strongly rooted in human nature.” A century before him, Thomas Hobbes identified its source:  “Competition of praise inclineth to a reverence of antiquity. For men contend with the living, not with the dead.” People also blame the present out of historical ignorance and statistical illiteracy, and because they mistake changes in themselves—the responsibilities of adulthood, the vigilance of parenthood, the diminishments of ageing—with changes in the world.
Regardless of its causes, thoughtlessly blaming the present is a weakness which, even if it is never outlawed, ought to be resisted. Though commonly flaunted as a sign of sophistication, it can be an opportunity for one-upmanship and an excuse for misanthropy, especially against the young. And it corrodes an appreciation of the institutions of modernity such as democracy, science, and cosmopolitanism which have made our lives so much richer and safer.
Steven Pinker is professor of psychology at Harvard University and the author, most recently, of “The Better Angels of Our Nature: The Decline of Violence in History and its Causes” (Allen Lane)


lunedì 16 gennaio 2012

"le clitorus - ce cher inconnu"

Let's go beyond tabu and verguenza in our society. 
Let's pretend to learn things about our body, in order to eliminate ignorance, doubts and problems caused by silence and embarrassment.
let's watch this documentary, please!  

martedì 10 gennaio 2012

Life is what happens to you while you're busy making other plans. (John Lennon). This is also goes for choices:thinking about choices and making them seem to be two different matters. But we can choose whether to accept or decline the tyranny of choice-and we can begin by understanding what is really on offer.

Ogni volta che torno in Italia mi stupisco della situazione lavorativa nella quale si trovano le persone che conosco, giovani. Percepisco disperazione, mancanza di lavoro, di possibilità di fare ciò che la gente vuole davvero. Cose che, se non si vive nel paese,  non si possono troppo distinguere, perchè credo che anche se si va all’estero la maggior parte delle volte proprio inseguendo il sogno di un lavoro, o il lavoro dei sogni,  si resta pronti ad accettare altre mansioni,  avendo comunque pazienza nel cercare qualcosa nel limitie del possibile umane e accettabili, anche e soprattuto a livello di ricompensa.
Mentre chi vive tutta la vita nella stessa città ha il campo di ricerca più limitato, spera di trovare ciò per cui ha studiato, come è ovvio che sia dopo aver pagato un bel po' di mila euro allo stato italiano, al contrario di quasi tutti gli altri paesi europei che non hanno le tasse d'iscrizione. Comunque, il problema sta nel fatto che si cerca lavoro in ciò in cui si è specializzati, e lo si vorrebbe trovare anche in quel momento, e in quel determinato posto. Quando sono tornata in Italia ho trovato  giovani che finiti gli studi accettano stage gratuiti, o pagati al minimo, rimanendo a casa dei genitori o comunque non indipendenti economicamente. Questo soprattutto perchè sotto la pressione delle continue notizie sulla “crisi”, sul livello di disoccupazione giovanili, etc... Non dico che non siano dati reali, ma il mondo del lavoro è chiaramente in trasformazione, diverso da qualche tempo fa. è sempre più raro trovare posti fissi a lungo termine, e soprattutto persone che vogliano fare la stessa mansione per tutta la vita. I bisogni, le volontà, i sacrifici e i sogni di tutti stanno cambiando, perchè quello che ci offre questo sistema capitalista è ampio e sempre più dispersivo.
Aumenta la possibilità e quindi il desiderio di scelta, come si può trovar descritto nel libro di Renata Salec “The tyranny of choice” che ho appena finito di leggere. 
Ecco qui alcuni passaggi. 

“Com'è possibile che, nel mondo industrializzato, quest'aumento della capacità di scelta, grazie a cui dovremmo essere in grado di plasmare le nostre vite e renderle perfette, conduce non a una maggiore soddisfazione ma a un'ansia crescente e a un maggior senso di inadeguatezza e di colpa? E come mai le persone, nel tentativo di alleviare l'ansia, sono disposte a seguire i messaggi raccolti a caso qua e là da campagne pubblicitarie e oroscopi, ad accogliere i suggerimenti estetici dalle industrie di cosmetici, a lasciarsi guidare dalle previsioni economiche dei consulenti finanziari e ad accettare i consigli sulla vita di coppia degli autori di libri di autoaiuto? Se è vero che sempre più persone si rimettono all'opinione dei cosiddetti esperti, si direbbe che scegliere sia in effetti divenuto un peso dal quale siamo ben contenti di essere sollevati. [...]
Questo spostamento della percezione della ricchezza, tuttavia, non è avvenuto da un giorno all'altro. Non è che la gente si sia svegliata una mattina e abbia improvvisamente visto la propria vita in modo diverso. I semi dell'incombente crisi economica erano stati gettati diverso tempo prima. Allo stesso modo, le perplessità circa l'ideologia della scelta avevano già permeato periodi di maggiore esuberanza, come si vede dall'ansia e dall'insicurezza presenti nell'ultima decade del capitalismo post-industriale. È quasi come se la crisi avesse rappresentato, da un lato, la realizzazione del desiderio, esplicitato solo in parte, di porre limiti alla sovrabbondanza di scelta disponibile negli anni di maggiore prosperità, e dall'altro, la liberazione concomitante dalla pressione creata dal sovrappiù di scelta. La crisi ha perfino arrecato una strana forma di sollievo o soddisfazione in certi settori, che a lungo avevano auspicato, più o meno consapevolmente, un freno alle spese eccessive – o almeno alle innumerevoli possibilità di spesa consentite dal benessere economico. Il «New York Times» catturò questo rinnovato spirito puritano prospettando feste e vacanze all'insegna del risparmio, in un articolo intitolato Festeggiamo come nel 1929. Il pezzo suggeriva come organizzare una cena decorosa con il budget modesto della crisi al suo culmine. Un personaggio mondano intervistato nell'articolo osservava: «Il buono della recessione è che allenta la pressione [...]. Ti permette di fare a meno di tutto il superfluo e di concentrarti su quello che conta veramente: gli amici, la famiglia, lo stare insieme». Resta il fatto che i padroni di casa sentissero il bisogno di un consulente che dicesse loro come intrattenere gli ospiti in tempo di crisi. Vi era un'ambiguità evidente nel loro desiderio di rinunciare alle gioie dei consumi. Si voleva certo limitare le scelte, ma non troppo, e si voleva che qualcun altro lo facesse per loro. “


Ecco, quello che voglio sostenere qui, non è un'idea chiara, non credo che ce la si possa troppo avere in questo tipo di situazione e argomento. Ma il fine di questo post è più che altro mostrare e riflettere sul presente nel quale ci troviamo , che fa paura, ma che è anche e soprattutto un prodotto sociale delle comunicazioni, delle pressioni mediatiche che mettono nella testa, degli Italiani in questa mia critica, che tutto non va, che bisogna accettare merda per evitare di trovarsi con niente tra le mani. In questo modo è facile persuadere la gente a lasciarsi andare a comprare, inviando messaggi come "nel 2012 c'è la fine del mondo", o "col passare del tempo la crisi diventerà ancora peggiore, quindi tanto vale viversi la vita ora", ma anche nell'altro lato messaggi come "in ogni caso non c'è lavoro, e per i giovani è l'esperienza che serve, quindi datevi sotto e accettate di tutto". E no, perchè finché esisteranno gli stagisti iperlaureati, a 200 euro al mese, quelle compagnie e quegli studi non cesseranno di sfruttare le mente fresche che escono dall'università, con voglia di fare, di farsi notare, di conoscere e mettere in pratica quello che per anni hanno letto sui libri. 
Bisognorebbe avere le palle e le capacità di sfruttare ciò che questo sistema ci offre, per esempio conoscere e succhiare soldi all'università con tutti i tipi di borse di studio che esistono (ad esempio l'erasmus practica, in Spagna, paga lo studente 300 euro al mese se incontra un luogo dove fare uno stage, dove è libero di gestirsi l'impegno, le ore, la durata, etc.. al finale dei miei 3 mesi di borsa di studio mi è arrivata una somma pari al doppio di quello che avevo già ricevuto, perchè l'università ha distribuito il denaro che non era stato dato per mancanza di domande). voilà.. ma certo riconosco anche che non è facile incontrare le informazioni, come in un esame, la parte più difficile resta sempre quella della ricerca degli articoli e referenze. Però con tutti gli strumenti che ci sono oggi, ho fiducia che questo spirito di solidarietà che Internet ha in qualche modo ampliato a orizzonti globali, possa far costruire un pensiero giovanile comune, che si basi sulle lamentele, sulle nuove idee, sulla comuncazione e sulla condivisione. 
Evitando che la tirannia della scelta in questa multitudine di possibilità non ci risucchi tutti e ci faccia diventare incapaci di avere un'immagine chiara e non offuscata della realtà, anche quella lavorativa, nella quale volenti o nolenti dobbiamo inserirci. più prima che poi. 

 

giovedì 5 gennaio 2012

new life. barcelona, again (?)

‎"Recuerda que cualquier momento es bueno para comenzar y que ninguno es tan terrible para claudicar.
No olvides que la causa de tu presente es tu passado asì como la causa de tu futuro serà tu presente.
Aprende de los audaces, de los fuertes, de quien no acepta situaciones, de quien vivirà a pesar de todo. Piensa menos en tus problemas y mas en tu trabajo y tus problemas sin alimentarlos moriran.
Aprende a nacer desde el dolor y a ser mas grande que el mas gande de los obstaculos"


ecco come mi sento.